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di Inchiostro nero
George A. Romero, nella sua tetralogia dei morti viventi, ha sempre utilizzato una maschera sociale, una figura retorica acuta e geniale per rappresentare gli zombie, non offrendo, così, solo uno spettacolo dell’orrore, un Grand Guignol in chiave apocalittica.
Il suo intento era quello di portare alla luce le diverse intolleranze, le esasperate ossessioni che si consumano nella società odierna, trasponendone allegoricamente i contenuti.
Con l’avvento di nuove serie tv e pellicole sul genere, questa sorta di denuncia, o critica, si è andata via via affievolendo, cercando di rimarcare con particolare enfasi soltanto i suoi aspetti più truci e violenti.
Zombie, quindi, divenuti fantocci del gore più esplicito, o mere creature di contorno in un ritratto distopico, come nella serie televisiva ‘’The Walking Dead’’, dove il più grande nemico dell’uomo non è l’errante in questione, ma l’essere umano stesso.
Una visione esistenziale che si può riscontrare anche in questo delicato momento storico, in cui il virus incute meno timore dell’individuo- vettore.
Ma non solo. Nell’ultimo film di Jim Jarmusch ‘’ I morti non muoiono’’, il regista statunitense ritorna a dare contenuto e critica al tema, raffigurando le claudicanti creature come esseri più ‘’senzienti’’ e appassionati dei cosiddetti ‘’vivi’’, ormai mutati in veri e propri zombie col capo chino sul cellulare, o intenti a invadere centri commerciali, come piccoli e inanimati tasselli di un monumentale mosaico capitalista.
Esemplificativo di quanto scritto può essere il video cartoon di ‘’Are You Lost In The World Like Me’’ di Moby & The Void Pacific Choir, realizzato da Steve Cutts.
Veramente, dopo questa lunga e faticosa quarantena, vogliamo ritornare a questo?